Che cosa abbiamo fatto e cosa c’è ancora da fare in Afghanistan
• Report Progetti Jamila e Bambine e bambini sordi / Annuale 2020
• Jamila
L’Afghanistan è un paese emblematico rispetto ai tanti territori in guerra oggi nel mondo, dove regole e ruoli sono stabiliti e opprimono ogni anelito di libertà.
Dal 2003 Fondazione Pangea Onlus opera col Progetto Jamila nell’area urbana di Kabul, dove ha attivato un circuito di microcredito, integrato con servizi di tipo educativo e sociale, rivolto a donne fortemente motivate nel voler contribuire alla loro vita e a quella del loro nucleo familiare.
Nel 2020 la diffusione della pandemia di Covid-19 e le relative restrizioni hanno messo a dura prova una popolazione già sofferente a causa di decenni di guerra e violenza e la già difficile posizione di donne e bambini ha visto un aggravamento. Se l’impatto in termini di privazione di diritti sulla civiltà occidentale è stato notevole, figuriamoci su un paese così martoriato come l’Afghanistan.
Pangea ha così continuato a sviluppare i propri progetti a partire dalla propria esperienza e competenza. Il Progetto Jamila, come ogni anno, si è occupato delle donne distribuite in diversi distretti di Kabul. Quelle coinvolte sono state 257, e di queste 113 erano al loro secondo microcredito dopo la felice esperienza dell’anno precedente. Nonostante le restrizioni del caso, la consegna dei microcrediti si è svolta in un clima di toccante emozione per ognuna delle beneficiarie.
Con le dovute precauzioni, si sono svolti i corsi di matematica e alfabetizzazione, fondamentali per formare le donne ad un corretto approccio al microcredito e alla gestione economica. Delle 547 beneficiarie che hanno seguito i corsi 257 provengono dal microcredito e 290 dal programma di risparmio. Pangea ha fornito, inoltre, l’opportunità alle beneficiarie di partecipare a corsi di sensibilizzazione sanitaria utili ad informare le donne sulle malattie femminili, le cure adeguate e la prevenzione. 30 di queste donne che avevano problemi legati alla sfera della salute hanno anche ricevuto visite e cure mediche adeguate. Infine, si sono tenuti anche i Corsi sui diritti umani, diritti delle donne e violenza di genere, più che mai necessari nell’anno del COVID-19, quando le difficoltà domestiche e la violenza contro le donne sono aumentate e hanno portato a conseguenze invalidanti, quali problemi fisici e mentali delle vittime.
Nella primavera del 2020, durante il periodo di lockdown, lo staff del Progetto Jamila è sempre stato costantemente in contatto telefonico con le beneficiarie per conoscere le loro condizioni e i loro problemi finanziari. Sebbene il supporto all’alfabetizzazione, alla salute, ai diritti umani, alla conoscenza aritmetica ed economica si sia interrotto per cinque mesi, e sebbene sia stato impossibile incontrarsi per un tempo così lungo, Pangea non ha interrotto le proprie attività di indagine sui problemi delle donne e sulla ricerca delle soluzioni.
Solo i corsi di parruccheria e di sartoria sono stati sospesi, prima a causa del blocco e poi dei divieti di assembramento. Appena possibile, però, riprenderanno con nuovo vigore.
Dopo tutte le difficoltà che hanno contraddistinto il 2020 possiamo dire che, ora, le donne beneficiarie del Progetto Jamila sono più resilienti e maggiormente in grado di compensare gli effetti catastrofici del COVID-19 per far fronte alle sfide e ai problemi futuri. Il tutto grazie all’assistenza e al sostegno di Pangea.
Bambine e bambini sordi
Se il 2020 è stato per tutti un anno complicato, per i nostri 550 bambini sordi di Kabul è stato complicatissimo.
In Afghanistan il virus ha colpito e come è accaduto qui in Italia, la quarantena ha comportato la chiusura delle attività, compresa la nostra scuola.
In piena emergenza abbiamo ricevuto una chiamata dalla direttrice di Kabul che ci chiedeva l’autorizzazione a riprendere le attività perché le famiglie, abitualmente in grandi difficoltà economiche, a causa del Covid-19 avevano perso ogni possibilità di guadagno e non riuscivano più a procurarsi da mangiare. Dopo esserci confrontati con lo staff locale, abbiamo deciso di effettuare la distribuzione del cibo utilizzando il budget che sarebbe stato destinato ai corsi di formazione degli studenti.
Aumentando i costi per sostenere tutto questo abbiamo fatto convergere sulla distribuzione di cibo anche parte del budget del progetto di microcredito.
Un’altra decisione importante che abbiamo preso è stata quella di garantire lo stipendio ad insegnanti e guardiani della scuola, anche se le attività erano ferme.
Nel mese di giugno le autorità hanno dato l’autorizzazione alla riapertura della scuola e così gli studenti hanno potuto riprendere le lezioni. Potete ben immaginare che in Afghanistan non esiste nessuna forma di didattica a distanza e per le bambine e i bambini rientrare a scuola è stato un evento importante. Durante la quarantena, nel frattempo, l’insegnante di sartoria aveva prodotto 1.200 mascherine così, all’apertura della scuola, ogni studente ne ha ricevute due e le rimanenti sono state distribuite tra il personale.
Dal giorno della riapertura abbiamo potuto riprendere, oltre all’insegnamento di base, anche i corsi di meccanica e sartoria (grazie al quale continuiamo a produrre mascherine che, oltre ad essere fornite agli studenti, vengono distribuite anche agli abitanti del quartiere).
Purtroppo, abbiamo dovuto sacrificare l’apertura degli altri corsi previsti: inglese, informatica e trucco-parrucco. Oltre a questo, non siamo riusciti, come speravamo, ad affrontare i corsi di inserimento all’università per le ragazze e i ragazzi più grandi.